Sulle onde della musica

Italiano senza tasse

Versione beta della canzone ideata da Italiano senza tasse rapper anonimo di Interferenza Attiva. Sono state ricevute molte critiche, piuttosto positive, ed è il prezzo da pagare per scalare la vetta del successo !

 


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Caprioni Graziano in "Risveglio"

Esistono degli anni in cui ci sentiamo in dovere di dare il nostro contributo alla vita. Il 1993 è forse l'anno in cui l'artista Caprioni Graziano, poco più che ventenne, ha assolto musicalmente al suo dovere.

Nel corso degli anni, perfezionando le sue doti di pianista con testa ed orecchie predisposte a qualsiasi contaminazione musicale, emerge nel brano che andremo a proporre come un vero e proprio pittore della musica che sembra disegnare le note come fa un pittore con i suoi colori..

Il brano che andremo ad ascoltare è stato composto nell'agosto del 1993
ed è formato da quattro parti , che richiamano le quattro stagioni (Estate, Autunno, Inverno e Primavera).  

Il compositore in queste quattro parti mette in evidenza, come in un quadro, le caratteristiche peculiari dei colori delle quattro stagioni espresse in fraseggio, dinamica e frenesia delle stesse. Alla fine l'autore conclude con un refrain sull'Estate infatti la quinta parte non é altro che la ripresa del tema dell'Estate
che porta alla conclusione del brano.

Il nome "Risveglio" è stato dato pensando al risveglio della Natura, delle motivazioni e delle emozioni.




Il canale sul quale si possono ascoltare alcuni altri lavori : www.youtube.com/grazianocaprioni

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Natura e musica...




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Mahalia Jackson "Live at Newport 1958"  a cura di Domenico Spina



Signore e signori, è domenica ed è il momento della più grande cantante gospel del mondo: Miss Mahalia Jackson”. Così la presentò l’annunciatore al pubblico del Festival. Live at Newport 1958 (Columbia/Legacy) è uno dei vertici della musica di tutti i tempi. 
Invece di iniziare con i suoi brani più accattivanti, Mahalia Jackson canta una preghiera della sera e il Padre Nostro con un fervore e una profondità che lasciano attonito il pubblico che alla fine applaude col cuore. Lei scherza e dice “Mi fate sentire come se fossi una star”. Lei lo era, ma la sua umiltà era pari alla sua voce: unica, profonda, piena di fede vissuta. Poi chiede agli spettatori: “Sta piovendo. Non so se volete ascoltarmi e restare sotto la pioggia. Io posso andare via”. La risposta è eloquente e lei parte con una versione trascinante di Didn’t it rain (Pioveva?). 
Seguono altri classici del suo repertorio. La formazione è essenziale: organo, basso e pianoforte. Inutile dire dell’influenza che il gospel ha avuto nell’evoluzione successiva della musica afroamericana e non solo. Per apprezzare appieno questi gioielli cercate i testi che sono le preghiere del popolo afroamericano. Buon ascolto.

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Ludovico Einaudi  "I Giorni"  a cura di  Domenico Spina




Ludovico Einaudi, con I Giorni (BMG Ricordi, 2001), conferma le sue qualità di pianista e compositore raffinato ma allo stesso tempo “popolare”.
Da un suo viaggio nel Mali è nata l’ispirazione per questo album. «Una sera stavo facendo un giro con il musicista Toumani Diabate, e alla radio hanno trasmesso una canzone dolce e un po’ malinconica. Mentre guidava, Toumani mi raccontava che quella era una delle più antiche e amate canzoni del repertorio Mandè, risalente al XII secolo, dal titolo Mali Sajio. La canzone racconta la storia di un ippopotamo che viveva all’incrocio tra due fiumi, molto amato dagli abitanti di un villaggio vicino che lo accudivano. Ma un giorno l’ippopotamo fu ucciso da un cacciatore. La canzone viene cantata come lamento per la morte di un re o di una grande persona, o per il rimpianto di una persona amata».
Apparentemente non c’è relazione tra la musica africana e delle composizioni per solo pianoforte. Ma, come ha detto Einaudi «c’è una relazione lontana tra il minimalismo europeo e la musica africana. Anche qui sono le radici di Reich e di Glass. Il tempo circolare fa parte di un sistema che conosce sempre meno barriere e codici canonici». 
Queste parole sono perfette per descrivere un genere, il blues, che arriva da lontano anche nel senso che forse è nato proprio nel Mali! Il blues, la musica afroamericana per eccellenza, naturalmente ha le sue radici nella musica che gli schiavi africani portarono nel continente americano. Ma quanto queste radici fossero lontane è sempre stato argomento di discussione tra gli appassionati e tra i critici musicali. Ry Cooder(3), musicista e musicologo statunitense, famoso per la “ri-scoperta” dei “vecchietti” cubani del Buena Vista Social Club, per anni ha cercato e riproposto le radici della musica americana e nel suo percorso di ritorno alle origini non poteva non arrivare in Africa. Qui incontra Ali Farka Toure, il più grande ed amato musicista del Mali, persona dalla profonda spiritualità, ed ha una folgorazione: la musica tradizionale del Mali è praticamente il blues!
Nel 1994 incidono insieme l’album Talking Timbuktu (World Circuit), con la partecipazione di grandi musicisti americani e del Mali, che fa conoscere in tutto il mondo Ali Farka Toure, il suo Paese e la sua musica. E fa scoprire, come dice ironicamente Toure, che Timbuktu, che in inglese è un modo per dire ai confini del mondo, è in realtà il centro geografico della Terra.




  1. Dalle note di copertina dell’album.
  2. La definizione si deve al compositore inglese Michael Nyman che, in qualità di critico musicale, intorno al '68, introdusse il termine per identificare, in modo estremamente sintetico ed efficace, una forma musicale che andava sviluppandosi e diffondendosi negli Stati Uniti caratterizzata, per così dire, da una estrema riduzione delle trame sonore. A tale termine è associato quello di musica "ripetitiva", dato che lo sviluppo della composizione avviene per mutamenti graduali, finanche impercettibili, con modalità "ripetitive". La ripetitività rimanda infine alla pratica della meditazione (meditative music) che connota parte del minimalismo. Almeno quattro i padri riconosciuti negli Stati Uniti: La Monte Young, Terry Riley, Steve Reich, Philip Glass.
  3. Discografia consigliata: praticamente tutti i suoi dischi, colonne sonore comprese!
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LE LUCI DELL'EST
cover di Lucio Battisti

Walter, Angy e Roby sono il trio destinato a riscoprire Battisti in una versione tutta jazz

Emozioni


La canzone del sole



Con il nastro rosa



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"DALLA TERRA"  recensione a cura di Domenico Spina


Dopo aver pubblicato, negli ultimi anni, tanti dischi ben confezionati ma inutili, Mina mette la sua voce al servizio di un progetto. DALLA TERRA (PDU, Sony, 2000) raccoglie dodici interpretazioni di musica sacra che va dal IX secolo ad oggi, selezionata dalla cantante insieme al teologo Luigi Nava e allo storico di canto gregoriano Massimo Lattanti, direttore della Schola Gregoriana del Duomo di Cremona che collabora al disco.

 L’album si apre con il Magnificat musicato dal direttore della cappella musicale della Basilica di San Giovanni in Laterano, monsignor Marco Frisina
Segue la prima perlaVoi ch’amate lo Criatore, tratta dal Laudario di Cortona del XIII secolo, tra i primi esempi di letteratura e musica medievale. La rielaborazione di Danilo Rea, uno dei più grandi pianisti italiani provenienti dal jazz, per il suo strumento e la voce di Mina, fa di quest’espressione del dolore di Maria uno dei momenti più toccanti dell’opera. Gianni Ferrio, fedele arrangiatore di Mina sin dai tempi di Studio Uno in tv negli anni ’60, è il compositore della musica che accompagna Memorare, un testo attribuito a San Bernardo di Chiaravalle (1090 - 1153), e rielabora Quando corpus morietur di Giovan Battista Pergolesi (1710 - 1736), tratto dallo Stabat Mater, che viene eseguito rispettando l’originale, con Mina che sovrappone le due voci di soprano e contralto.
 Masimilianmo Pani, figlio ed arrangiatore di Mina, rielabora insieme a Danilo ReaOmni die, risalente al XII secolo. Quanno nascette Ninno di Sant’Alfonso Maria de Liguori (1696 - 1787), l’antenato del celebre Tu scendi dalle stelle, è arrangiato dal chitarrista Andrea Braido in una sorprendente ma indovinata chiave jazz con il contrabbasso di Massimo Morioni in primo piano. 
Di nuovo Frisina è il compositore di Nada te turbe, su una poesia di Santa Teresa d’Avila (1515 - 1582). L’avvio di Veni Creator Spiritus, tradizionale inno della liturgia di Pentecoste, è splendido ed in puro stile gregoriano per poi continuare con la voce di Mina e gli archi arrangiati da Ferrio
La seconda perla del disco è il Pianto della Madonna di Claudio Monterverdi (1567 - 1643) sempre per pianoforte e voce. Si prosegue con Qui presso a te di un anonimo dell’ottocento, trasformata in una ballad dove spicca la raffinata chitarra di Braido

Il compact disc dovrebbe concludersi con l’Ave Maria di Charles Gounod (1818 – 1893), ma dopo qualche minuto di silenzio c’è la ripresa, non indicata in copertina, di Voi ch’amate lo creatore. E penso che non sia un caso come non è un caso che i due brani più intensi siano questo e il Pianto della MadonnaMina, come hanno dichiarato Frisina e Pani a «Famiglia Cristiana», n. 4/2000, ha voluto dare risalto alla figura femminile e ha cercato di dare espressività immediata ad una musica che generalmente viene curata più sotto l’aspetto formale. Secondo me non c’è riuscita spesso e a tratti Mina sembra essere quella di sempre: tecnicamente insuperabile ma un po’ fredda. Indubbiamente il disco ha il grande pregio di far scoprire o riscoprire delle musiche che sono un patrimonio della nostra cultura.   

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"LETTERE CELESTI "   a cura di Domenico Spina




Dio e la musica.
 Un rapporto antico forse quanto la “scoperta” dell’uomo di potersi esprimere con i suoni. Un rapporto che persiste anche nella cosiddetta musica leggera. 
George Harrison è stato un pioniere della ricerca spirituale nella musica rock. Negli stessi anni (1966/67) Fabrizio De André e i Nomadi pubblicavano Preghiera in gennaio e Dio è morto, forse le prime “canzoni d’autore” (la seconda scritta da Francesco Guccini) a affrontare l’argomento da un punto di vista “laico” e non retorico (v. Nilla Pizzi e dintorni). Le due canzoni hanno in comune anche lo stesso “destino radiofonico”: la RAI le censura (la prima perché chiedeva a Dio di accogliere il suicida Luigi Tenco, la seconda per il titolo), la Radio Vaticana le trasmette cogliendone il significato profondo. 
Entrambe sono contenute nell’antologia Lettere Celesti (EMI, 2001). È il tentativo di accogliere i diversi punti di vista, poetici e musicali, con cui i nostri cantautori hanno espresso quel bisogno di relazione con Dio insito in ogni uomo. Oltre alle due canzoni citate, l’album contiene altri 13 brani, scelti non tanto per la loro notorietà (e questo è un merito) ma per la loro particolarità. Certo, ogni scelta non può che essere soggettiva e lasciare un po’ delusi per le esclusioni, ma l’album è un ottimo punto di partenza per approfondire il tema. A questo scopo sarebbe stato utile aggiungere una discografia e una bibliografia. 
S’inizia con l’attore Alessandro Haber che recita un testo da uno spettacolo di Giorgio Gaber e si prosegue con Enzo Jannacci che nel 1969 musicò un testo del grande poeta brasiliano Vinicius de Moraes (l’autore dei testi di tanti classici della bossanova musicati da Jobim e Baden Powell, uno per tutti: The girl from Ipanema) e del quale mi piace ricordare l’album con Ornella Vanoni e Toquinho: La voglia, la pazzia, l'incoscienza, l'allegria (Vanilla, 1976).
C’è poi De André, con il brano citato, che in tutta la sua opera ha dialogato con Dio. Questo dialogo si è fatto più intenso con il capolavoro della prima parte del percorso artistico del cantautore genovese, La buona novella (Ricordi, 1970), basato sui vangeli apocrifi, e sull’ultimo album, Anime salve (BMG Ricordi, 1996), scritto con Ivano Fossati, e che è una smisurata preghiera a favore degli esclusi, dei marginali, dei senza voce. 
Andrea Mingardi canta una canzone del curatore della raccolta, Sergio Sacchi, dedicata al poeta e cantante russo Vladimir Vysotskij. Russo come il poeta e cantautore perseguitato dal regime sovietico Bulat Okudžava di cui Eugenio Finardi interpreta La preghiera di François Villon
Quando Vasco Rossi smette di fare la sua involontaria autoparodia e si ricorda di aver scritto canzoni come Sally è capace di comporre e interpretare una bella canzone come Gli angeli, con un assolo finale che farà la gioia di tutti i chitarristi rock. 
Angelo Branduardi è presente nella raccolta con la sua “versione” de Il Cantico delle creature di S. Francesco, tratta dall’album L’infinitamente piccolo (EMI, 2000). Juri Camisasca è l’autore e l’interprete de Le acque di Siloe ed è l’unico degli artisti presenti in questa raccolta ad essere una persona con una vocazione religiosa visti i suoi undici anni in un monastero benedettino e l’attuale eremitaggio alle pendici dell’Etna. Un tempo scriveva per altri, tra cui Franco Battiato di cui possiamo ascoltare E ti vengo a cercare. Sembra essere una canzone dedicata ad una donna ed è invece la più “mistica”:
«E ti vengo a cercare
anche solo per vederti o parlare
perché ho bisogno della tua presenza
per capire meglio la mia essenza.
E ti vengo a cercare
con la scusa di doverti parlare
perché mi piace ciò che pensi e che dici
perché in te vedo le mie radici.
E ti vengo a cercare
perché sto bene con te
perché ho bisogno della tua presenza
. »

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